Bambine cristiane pachistane al lavoro in una fabbrica di mattoni nella periferia di Lahore

20210930 Dal Pakistan
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La Repubblica islamica del Pakistan nasce nel 1947, attraverso il processo di separazione dall'India conosciuto come la ''partizione''. Il Paese islamico conta più di 200milioni di abitanti ed è il quinto stato più popoloso al mondo con il 96% della popolazione di fede islamica e un 2% di fede induista e cristiana. La componente religiosa islamica è preponderante all'interno dello stato pakistano, tanto che le minoranze religiose sono vittime di una non celata discriminazione. Negli anni, il Paese asiatico ha affrontato diverse crisi istituzionali e anche una grave crisi economica ma il problema più rilevante che, da inizio anni 2000, la nazione si è trovata ad affrontare è il propagarsi dell'estremismo islamico. Prima con le formazioni talebane e poi con la penetrazione di cellule legate allo stato islamico.

Personaggi in prima fila nella difesa delle minoranze religiose e impegnati nella lotta al terrorismo, come Benazir Bhutto e Shabhaz Bhatti, negli anni sono stati assassinati, e dal 2001 al 2014 il Pakistan è stato il terzo Paese al mondo più colpito da azioni terroristiche con oltre 18mila vittime. L'ultima strage si è verificata la domenica di Pasqua del 27 marzo 2016 nel parco Gulshan e Iqbal Park di Lahore dove un Kamikaze imbottito di tritolo si è fatto esplodere in mezzo alle famiglie con l'obiettivo di uccidere il maggior numero possibile di cristiani. Il bilancio finale è stato di 60 morti e 350 feriti.

Nella sala della sua piccola abitazione, nella periferia del capoluogo della regione del Punjab, Lahore, è seduta Sonia Assif. Un'immagine di Cristo e una della Madonna sono appese su una parete della stanza e lei tiene in braccio la piccola figlia Sheeza e il figlio Sylvestre che ha 5 anni. La donna e i suoi due figli sono stati tra le vittime dell'attacco terroristico di Pasqua del 2016 ed è lei a raccontare le ore terribili che hanno vissuto al momento dell'attentato. «Mi ricordo un boato enorme e poi un lampo. E la gente che correva in ogni dove. Era sera e quando c'è stata l'esplosione è scoppiato l'inferno. C'erano tantissime famiglie e subito tutti hanno iniziato a correre. Mi ricordo il sangue, i corpi dilaniati e poi ero disperata perché non trovavo i più i miei figli». La donna incomincia a piangere, non trattiene la commozione pensando a quelle ore. I figli li avrebbe riabbracciati più tardi ma tutti e due i bambini erano rimasti feriti.

Ma c'è anche chi in quell'attentato un figlio l'ha perso per sempre. Questo è il dolore che il kamikaze ha inferto a James e Asia Paul, genitori di Noman Paul, di 19 anni, che si era recato al parco per trascorrere una domenica di festa con gli amici. I genitori continuano a sfogliare l'album di famiglia e ricercare nelle foto un sorriso di un figlio che l'odio del terrorista gli ha portato via. Poi, il padre, James racconta: «Lui era un figlio modello che voleva vivere in pace e quella domenica voleva ridere e scherzare con i suoi amici. La notte è venuta la polizia a dirci che lui era morto, non volevamo crederci, ma era così. Ora la mia casa, la mia vita, tutto è vuoto, c'è un vuoto incolmabile ovunque». E poi in conclusione aggiunge «Io non odio l'Islam, perché la fede islamica non c'entra nulla con il terrorismo, e anche molti musulmani erano al parco e sono morti e sono vittime quanto noi di questo odio. Io condanno il terrorismo . È lui il male, è lui la causa della morte di mio figlio. Noi, cristiani e musulmani insieme, dobbiamo combatterlo per evitare che altre madri piangano i propri figli».